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Recensione di Tutto quello che siamo di Federica Bosco

Creato il 09 novembre 2015 da Leggere A Colori @leggereacolori

Informazioni sul libro
Titolo:
Autore: Federica Bosco
Pubblicato: Mondadori
Collana:Chrysalide
Genere: Young Adult
Formato: Copertina RigidaPagine:

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Giudizio: four-stars


Tutto quello che siamo: è tutto quello da trovare e da rimettere insieme. Una famiglia persa e una ragazza che si deve ritrovare. Una storia a tratti spietata, a tratti ingenua e romantica.

Tutto quello che siamo. Per saperlo a volte dobbiamo recuperare i pezzi, che poi rimessi assieme in un secondo momento possono diventare quello che saremo. E in questo caso sarà così, per la “bella Marina”, una ragazza che si è presa la grande responsabilità di fare da mamma a Federico, il fratello minore, da quando la loro madre è venuta a mancare. Alle prese con un senso di inadeguatezza imposto dalla famiglia, con le ansietà e i dubbi su come stare al mondo, il carico di due lavori, tra i due fuochi della rivalità tra padre e matrigna, e per giunta l’ammaliante bellezza di un brasiliano.

Marina sacrifica i suoi sogni, frequentare l’Accademia delle Belle Arti e disegnare per tutta la vita, per proteggere il fratello, per traghettarlo fin alla maggiore età con il minor numero di traumi familiari possibili. Vorrebbe scappare ma non può lasciarlo solo, lì, senza amore.

E se è vero che in Tutto quello che siamo Marina è la protagonista ufficiale, è invece la famiglia ad essere quella ufficiosa. La famiglia che per antonomasia è il luogo più sicuro al mondo dove crescere, con spensieratezza e fiducia, e invece a volte diventa un banco di prova molto duro anche solo per sopravvivere. In Tutto quello che siamo è la famiglia ad essere in discussione, da un lato inerme e dall’altro contrastante, in ogni caso inadeguata. Colpevole. Marina dovrà lottare con una realtà familiare ostica per recuperare i pezzi di ciò che è. Federica Bosco con sottile ironia – mica tanto sottile – sdrammatizza, con arte, quello che però è un “dramma” reale che si consuma nelle nostre tante famiglie normali: la continua lotta psicologica, sleale, ìmpari, umiliante, feroce tra genitori e figli.

Tra genitori che non tendono un braccio e figli che provano a ribellarsi, a non perdersi, a costruirsi un’identità senza una vera guida.

Attorno a Marina le vicende degli amici, Dario l’amico viziato che ha tutto e non ha niente, Sandro il barista protettivo, Ginevra l’amica brillante, Christo “la botta e via”, Nicholas una sorta di se sto sognando ditemi che non mi devo svegliare. Un piccolo universo di storie che scorrono parallele, ognuna con le sue crepe, intese come fragilità. Questa continua ricerca per capire chi siano, ostacolata e anche facilitata dagli eventi, caratterizza le esperienze e compone l’anima di questi ragazzi. C’è chi si sente un passo indietro, chi si sente un passo avanti. In un certo senso, in modo diverso, sono tutti soli. È quello che succede quando devi diventare grande.

A photo posted by Leggere a Colori (@leggereacolori) on Oct 29, 2015 at 5:01am PDT

In questo libro ci sono molti spunti riflessivi interessanti, per genitori e figli. Perle di verità nate dal dolore. La Bosco ha scelto di far esprimere alla protagonista le cose più importanti, questo contribuisce a rimarcare la maturità della figura di Marina, quella tipica di chi cresce prima a causa di responsabilità premature. In questo senso avrei preferito un narratore esterno poiché alcune profonde riflessioni restano inverosimili in un ragazzo poco più che adolescente, per quanto la vita possa avergli già insegnato molto.

Nella mia esperienza personale di lettura posso testimoniare un crescendo di rabbia verso la situazione familiare di Marina, ogni pagina che voltavo speravo che fosse quella della sua rivincita. Non si può non rimanere coinvolti, restare impassibili. L’amore: un palliativo, o forse di più. Non basta WhatsApp, c’è la Firenze bella da guardare, un trancio di pizza calda, due caffè e una coperta. C’è da amare le stesse cose insieme, da sfidare la sorte insieme.

E poi c’è il finale, di cui ovviamente non vi parlo, che rispetto al resto della storia si avvicina più a quello di un libro (guarda caso!) o di un film rispetto alla vita reale. Che piaccia o meno è solo un finale, non va a correggere o ad alterare il messaggio di queste pagine, che io riassumerei in questo modo:

non esiste per i ragazzi un modello giusto da seguire per diventare qualcuno e nessuno si deve azzardare a decidere come loro debbano essere. Ci deve invece essere qualcuno, complice e paziente, pronto ad aiutarli quando saranno pronti a diventare tutto quello che sono.

Rimettere insieme i pezzi. Questa è la famiglia.



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